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Il graffio di Corbo: “Bigon, solo grandi errori ma nessun grande colpo”

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Ricostruire non sarà facile.Ma è questa la grande sfida che De laurentiis deve affrontare. Riflettere, capire gli errori, scegliere meglio lo staff. Il Napoli. In due anni ha speso 55 milioni più della Juive in cartellini, Per essere distaccato di 14 punti, classificarsi quinto e non vincere nulla. Con Benitez se ne va anche Bigon. Si è fatto esplellere un’altra volta. Ma se non sa stare in panchina perché non se ne sta a casa ad urlare? Non si ricordano grandi colpi, semmai grandi errori del direttore sportivo, come la scelta dei portieri. Per cominciare. Ci sarà tempo per discutere, giro intanto l’articolo appena scritto per Repubblica Napoli.

In una sola notte la Lazio toglie sonno e sogni a due club. Affonda il Napoli al quinto posto, poi consegna al Real Madrid un allenatore bocciato due volte dal calcio italiano. Che racconterà domani in Spagna per accreditarsi come l’uomo delle rivincite sul Barcellona? Tornato dalla Premier alla Serie A per cancellare lo strappo con l’Inter, ricade a Napoli tra vanità e chiaroscuri, trionfi promessi e anche sfiorati, sconfitte paradossali. La Champions non è sfumata ieri, ma per almeno tre motivi distanti da ieri. La mancata sostituzione di Reina, la cattiva gestione della squadra criticata per cali di tensione e stili di vita, il frequente letargo di Higuain, contraddittorio nel giro di un anno come di una stessa partita. Prodezze, pause, errori. Un bomber non può essere un’eclisse.
Apre la sfida Pioli. Allestisce un curioso 3-4-3 contro il 4-2-3-1 di Benitez. Sembra un assetto spregiudicato, perché carica di fatica sia ai mediani esterni (Basta e Lulic) sia al terzetto difensivo chiamato a misurarsi uno contro uno (Mauricio, l’ottimo De Vrij, Gentiletti) con il temibile potenziale offensivo del Napoli, Higuain tra Callejon e Mertens. Il primo tempo premia la Lazio, perché il disegno tattico di Pioli è complesso, sofisticato, prevalente. Il segreto è proprio nei mediani esterni, Basta terzino destro di vocazione gioca in una posizione strategica, blocca con Mauricio il temuto Mertens, sull’altro versante Lulic fa lo stesso con Callejon. Diventa così un quintetto la cerniera difensiva, esaltata da elementi. Il primo, Cataldi non dà pace ad Hamisk costringendolo a giocare spalle alla porta, in realtà crea un blackout nella fase offensiva. Parolo corre, tampona, si infila in attacco, e appena può indovina il tiraccio che svela i limiti di Andujar, opponendo solo una mano morta. Terzo, i due mediani esterni, bravi in difesa e lesti nel fare da sponda per il rilancio. Danno ampiezza al gioco della Lazio, che chiude gli spazi rimanendo alta.
La Lazio fa calare il gelo sul San Paolo, e con il gelo i fischi. Nessuno crede più nel Napoli, che si è mostrato vulnerabile a centrocampo, con Inler modesto, David Lopez tra i pochi che appaiano carichi di furore, per di più si apre scomposto al contropiede laziale. La squadra è ben raccolta ma elastica nel ripartire. Nessuno crede nel Napoli, che invece si libera di tutte le ritrosie, con una aggressione che per mezz’ora sconvolge la Lazio. Che cosa abbia fatto scattare un assalto così perentorio e massiccio, è un mistero. Uno squarcio di felicità. Un terribile inganno. Come inseguito dalla più beffarda delle maledizioni, Higuain prima trascina il Napoli, con i gesti, con la voce, con i due gol che afferrano il pari, il trionfo è lì che aspetta il Napoli, l’espulsione di Parolo è un’altra illusione, sembra che tutta la squadra corra felice con la vittoria addosso, come fa a non vincere? Riesce Higuain ad invertire la direzione del destino calciando verso i Camaldoli il rigore di un successo che sembrava imminente. Già, i trionfi annunciati, sfiorati e svaniti. Tutta la breve storia di Benitez a Napoli.

Antonio Corbo per repubblica.it

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