La rivoluzione rossonera: finisce l’era Berlusconi
Otto scudetti, cinque Champions, due Intercontinentali e altre 13 coppe varie finite nel caveau dei trofei sono testimonianze concrete di un modello vincente, ma non più attuale. Dopo 29 anni e 790 milioni sborsati, è finita un’era
Fu il segno della grande rivoluzione, ancor più della scelta di affidare un progetto ambizioso ad Arrigo Sacchi, un allenatore che non aveva praticamente mai giocato a pallone. Dopo Gullit, Van Basten, poi Rijkaard: tutti tasselli di un mosaico che si completava naturalmente. E tanti italiani cresciuti in casa oppure strappati alla concorrenza nazionale, come Maldini, Costacurta, Evani, Donadoni. Si costruivano squadroni e condottieri; Capello fenomeno da laboratorio, Zaccheroni sopportato, Ancelotti amorevolmente allevato, Allegri ultima scommessa vinta. Ma i campioni erano quelli che scendevano in campo: Weah, Boban, Savicevic, Seedorf, Leonardo, infine Ibra. Sempre più stranieri, sempre meno italiani.
Intuizione, programmazione, applicazione: concetti mai declinati in un mondo estemporaneo fecero credere che si fosse davvero all’anno zero. Si poteva vincere e guadagnarci, proprio come nell’impresa. Magari anche consenso, quando Berlusconi è diventato un protagonista della politica. Quante volte si è detto che il Milan comprava o non vendeva perché si era alla vigilia di elezioni. Accadde con Kakà, con Sheva, perfino con il desaparecido Oliveira. Forse fu solo una dolce illusione, ma otto scudetti, cinque Champions, due intercontinentali e altre 13 coppe varie finite nel caveau dei trofei sono testimonianze concrete di un modello vincente, ma non più attuale. Dopo 29 anni e 790 milioni sborsati, è finita un’era. Comunque vada, è stato un successo.
Fonte: SkySport