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Verdone: «Tifo Garcia ma senza Champions sono dolori»

Carlo-VerdoneNon saranno gli studios di Hollywood, ma l’atmosfera è quella dolce di Cinecittà, tra la New York degli Anni 20, l’antica Roma e i saloon western. Dentro, all’inaugurazione stagionale di Cinecittà World, doveva esserci anche un derby a distanza tra Carlo Verdone ed Aurelio De Laurentiis, giocando con 48 ore di anticipo Roma-Napoli. Sfida saltata in extremis per un impegno di lavoro del presidente del Napoli. «Peccato, con Aurelio ancora non avevamo parlato di questa partita — scherza Verdone — Magari lo faremo, anche perché per lavoro non sarò allo stadio».
Una sfida carica di tensione…
«Deve essere la rinascita dello sport. Sono due squadre antagoniste dal punto di vista sportivo, basta con questo odio. Ha portato solo ad una tragedia inspiegabile, non si può morire così (il riferimento è a Ciro Esposito). È l’inizio della fine del calcio, certe tifoserie si facciano un esame di coscienza. Sono cose che stanno spopolando i nostri stadi, che già sono vuoti per altri problemi. Finirà che le partite le vedremo solo in televisione, cosa triste ed umiliante».
Che segnale culturale si può dare per avere un calcio più bello?
«Tutti dobbiamo fare qualcosa: i giocatori comincino ad avere comportamenti più professionali, le società diano il buon esempio, con regole e disciplina. Vedreste che anche la tifoseria pian piano si adeguerebbe. Il problema è che quando c’è tanta coatteria, si incoattisce ancora di più la curva».
Quindi i giocatori della Roma sotto la curva non le sono piaciuti?
«No, quelle cose lì non vanno bene. Quando si arriva a certe scene vuol dire che la gente non ha più niente al di fuori del calcio e concentra tutto lì, mischiando politica e violenza. Secondo me aiuterebbe rifare gli stadi, perché la gente se è più vicina al campo si sentirebbe responsabilizzata. E controllata».
Cosa è successo alla Roma?
«Ha bucato gli ultimi acquisti. Perché è stato ceduto Destro? Non capisco. L’hanno ucciso sportivamente e psicologicamente, facendogli giocare 8 minuti a gara, liquidandolo come una “pippa” dimenticandosi quanti gol aveva fatto prima. Qui invece si brucia sempre tutto subito. Lamela, esempio: fossi stato in Pallotta l’avrei tenuto, poteva diventare un fenomeno. Anche Borini non andava venduto. Per prendere poi chi? Iturbe. Funziona in una piccola squadra, dove non c’è pressione, la sua dimensione è quella. Roma è una piazza delicata. E infatti non riesce ad esprimersi».
Nell’ultimo periodo sono stati messi in discussione anche due simboli come Totti e De Rossi…
«E questo mi sembra assurdo, i simboli restano tali, a prescindere. E non va dimenticato tutto quello che hanno fatto e dato per questa maglia».
Metaforicamente, dovesse trovare un personaggio dei suoi crisi della Roma.
«Non mi viene in mente, ma è squadra che ha perso fiducia stessa. Gli infortuni di Strootman, Castan e Maicon pesano, stato cedere un grande come Benatia. E non ci affidare sempre alla stessa cosa, Gervinho oramai è prevedibile, sanno tutti come gioca».
Cambierebbe Garcia allora?
« Non lo so, voglio vedere i risultati a fine stagione. Se la Roma non andrà Champions, saranno dolori veri. Ci saranno tanti soldi meno e un mercato in minore».
L’idea Conte la stuzzica?
«Per ora abbiamo Garcia, tifiamo per lui. Poi faremo i conti e vedremo un po’ tutto…».
Sembra che il possibile sorpasso della Lazio la preoccupi.
«Molto! Gioca bene e Pioli è un allenatore davvero bravo. Sono stati pazienti ad aspettarlo, ora raccolgono i frutti. Per la Roma sarà dura tenere il secondo posto. Tocco ferro…».
Per chiudere, il suo appello per domani…
«Ritorniamo allo sport, mettiamo via la violenza cieca. Basta con i lutti, gli stadi devono essere di famiglie e bambini».

La Gazzetta dello Sport

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