Lazio, la metamorfosi di Felipe Anderson. Così è diventato il nuovo Pogba
ROMA – Nelle ultime cinque partite la Lazio ha fatto en plein: 15 punti conquistati, 11 recuperati alla Roma seconda che adesso è a una sola lunghezza e terzo posto solitario, con Napoli staccato a distanza di sicurezza. Sono i risultati del gioiello creato dal tecnico Stefano Pioli. E tra le tante pietre preziose che lo compongono, ce n’è una che negli ultimi quattro mesi brilla molto più di tutte le altre. È quella del 21enne brasiliano Felipe Anderson Pereira Gomes, per tutti semplicemente Felipe Anderson. Accelerazioni, tecnica, potenza, gol, assist: “Pipe”, come viene soprannominato, è il fiore all’occhiello dell’abito biancoceleste.
GUARDA I GOL DI TORINO-LAZIO
SBOCCIA A DICEMBRE COME UNA “ROSA DI NATALE” – Generalmente i fiori sbocciano in Primavera, attendono che arrivino i primi caldi dopo il gelo invernale. Ci sono alcuni, però, che decidono di testa loro quando mostrarsi in tutta la loro bellezza. Uno di questi è l’elleboro, specie meglio conosciuta con il nome di “rosa di Natale”. Un gioiello puro, unico e audace, perché contro ogni logica sceglie il freddo del mese di dicembre per palesarsi. Ha seguito un po’ lo stesso percorso, Felipe Anderson. Altro fiore purissimo, che Pioli sta coltivando con estrema cura nella serra di Formello. Perché se l’aquila della Lazio è tornata a volare, gran parte del merito va proprio a quel 21enne con la cresta e la maglia numero 7. Quel brasiliano che ha scelto proprio il mese di dicembre per sbocciare definitivamente e trasformarsi da oggetto misterioso, insicuro, indolente e a tratti irritante, in uno dei pochi “top player” del campionato italiano. L’incantesimo del “bello addormentato” si spezza proprio in chiusura del 2014. Fino a quel momento aveva collezionato appena 12 deludenti presenze stagionali, di cui solo 4 da titolare, per un totale di 416 minuti. Ma Felipe Anderson torna a Roma con una nuova consapevolezza dopo aver vinto da protagonista il mini Torneo di Wuhan con il suo Brasile under 21: ha deciso che è arrivato il momento di imporsi anche in Italia.
NOVE GOL E OTTO ASSIST IN TRE MESI E MEZZO – È il minuto 80 del quarto turno di Coppa Italia contro il Varese del 2 dicembre scorso: la partita è virtualmente chiusa, la Lazio conduce 2-0 e gestisce l’incontro. In una ripartenza Onazi porta avanti palla, poi con il tacco la passa all’indietro. Arriva proprio sui piedi di Felipe, che calcia divinamente dai 25 metri e lascia partire un diagonale imprendibile di destro che sigilla la partita sul 3-0. Conta poco ai fini del risultato, ma è l’inizio della sua metamorfosi. Perché da quel momento Anderson non si ferma più. Salta una gara per squalifica (con il Palermo) e altre cinque (Milan, Napoli e Cesena, più ottavi e quarti di Coppa Italia con Torino e ancora il Milan) per un infortunio al ginocchio. Una defezione che però ha i suoi vantaggi visto che gli permette di tornare in Brasile e seguire da vicino la vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto il padre, arrestato per l’incidente stradale che ha causato la morte di due persone. Per il resto gioca sempre, 12 partite in cui mette insieme 973 minuti, con 9 gol (uno ogni 108 minuti), 7 assist e un rigore provocato. Parte sempre titolare a eccezione della partita con il Genoa, guarda caso l’unica di queste 12 in cui la Lazio perde. Poi 8 vittorie e 3 pareggi: non proprio un caso. Perché Felipe Anderson è quel tipo di giocatore che sembra praticare un altro sport rispetto a tutti gli altri. Uno dei pochi “top player” che ancora resistono nel campionato italiano, capaci di decidere da soli l’esito delle partite. Uno di quelli che anche economicamente fa la differenza.
MEZZA EUROPA SUL BRASILIANO, LOTITO LO BLINDA – È passato poco più di un anno, ma sembrano così lontani oggi i tempi in cui il ds della Lazio Tare veniva criticato per la cifra spesa (9 milioni, a bilancio 7,5 più Iva) per un ragazzo così giovane. Lo ha voluto a tutti i costi, il dirigente laziale: per prenderlo è partito per il Brasile il 17 giugno 2013 ed è tornato il 24 al termine di un’estenuante trattativa con Santos e Doyen Sports (il fondo inglese che deteneva parte del cartellino). Un’ostinazione, per un talento cresciuto nell’ombra di Neymar e Ganso, che oggi raccoglie i suoi frutti: a distanza di poco più di un anno, quel valore si è praticamente quadruplicato. Il suo cartellino ora si aggira sui 40 milioni di euro e gli occhi di mezza Europa scrutano con attenzione il gioiellino di Lotito. Solo nella partita della settimana scorsa contro la Fiorentina, erano presenti all’Olimpico gli osservatori di Manchester United, Manchester City, Chelsea, Liverpool, Real e Atletico Madrid. Nessun’offerta ufficiale al momento, ma anche se arrivasse sarebbe rispedita al mittente. Perché la Lazio sa di avere tra le mani il potenziale “nuovo Pogba” del calcio italiano, un top player da cifre vicine ai due zeri. Ecco il motivo per cui a breve sarà ufficializzato il rinnovo del contratto del brasiliano, che attualmente guadagna 700mila euro a stagione fino al 2018, con cospicuo (probabilmente raddoppiato) adeguamento: “Siamo molto vicini ha confessato il brasiliano subito dopo la partita vinta con il Torino – e speriamo di incontrarci presto”. E succederà, c’è da starne certi.
“FA7” TRA L’AMICO NEYMAR E IL MODELLO RONALDO – Perché il presidente Lotito vuole gustarsi altre perle del suo “FA7”, un nomignolo che gli hanno affibbiato i tifosi imitando quello di “CR7” dato a Cristiano Ronaldo del Real Madrid. Un parallelo che fino a poco tempo fa equivaleva a una “bestemmia calcistica”, ma che oggi, in prospettiva e con le dovute proporzioni, non sembra poi così surreale. Lo stesso Pioli, quando gli viene fatto notare che il suo Felipe spesso si dimostra ancora troppo lezioso, lo paragona al fuoriclasse portoghese: “Anche Cristiano Ronaldo, prima di diventare un grandissimo campione, ha vissuto momenti delicati in cui veniva accusato di essere uno che giocava da solo. Poi però è cresciuto e maturato, diventando quello che è adesso. Quindi non dimentichiamoci che Anderson è giovanissimo ed è solo all’inizio della sua carriera”. Tanti elogi. Felipe sorride, gli fanno piacere. Ma si sforza di restare con i piedi per terra: “Non c’è paragone – risponde il brasiliano – tra me e Ronaldo, devo solo continuare la mia crescita e aiutare questa squadra”. Altri sorrisi quando con una battuta gli viene detto che quello forte del Santos in realtà era lui e non il suo grande amico Neymar: “Quando giocavamo insieme lui era un uragano, non lo fermava nessuno. Io devo solo stare tranquillo, posso ancora migliorare e ho iniziato a giocare bene solo adesso”. Da dicembre per la precisione. Come solo pochi fiori sanno fare.
Fonte: Repubblica