Salah, doppietta faraonica: Juve sconfitta allo Stadium
Salah fa rima con Allah e il suo nome di battesimo è Mohamed, che significa Maometto, ma i musulmani sono suscettibili ed è meglio evitare giochi di parole sul tema e/o accostamenti divini. L’egiziano Mohamed Salah ha steso la Juventus con una doppietta epocale e la Fiorentina entra nel ristretto club delle squadre che hanno vinto allo Stadium: la Viola va ad affiancare Sampdoria, Inter e Bayern Monaco. Sette anni fa all’Olimpico l’ultimo successo fiorentino a Torino, 2-3 in campionato. Nella primavera del 2013, l’ultimo capitombolo casalingo dei bianconeri, in Champions contro i tedeschi. La qualificazione della Fiorentina alla finale di Coppa Italia è a un passo, e di riflesso rimorsi e rimpianti della Roma sono destinati ad aumentare in modo esponenziale. Questa non è una Juve imbattibile, in campionato bastava pareggiare di meno per restarle in scia e sopravanzarla.
RISCATTATELO SUBITO Per Salah sesto gol in sette partite, una media strabiliante. Reti in ogni competizione: tre in campionato, una in Europa League e due in Coppa Italia. Se ne consiglia l’immediato riscatto. Nell’economia dell’affare Cuadrado è stato valutato circa 18 milioni. Li vale tutti, i Della Valle provvedano subito a scontarli dal prezzo del colombiano, prima che a Londra quelli del Chelsea ci ripensino e si aggrappino a qualche cavillo. L’impatto dell’egiziano sull’ecosistema viola è stato così forte da suscitare retro-pensieri esagerati: se fosse arrivato a settembre, e se Giuseppe Rossi non si fosse rotto di nuovo, la Fiorentina lotterebbe oggi per lo scudetto. Salah è l’attaccante che mancava a Montella e come giocatore non è catalogabile: sa recitare da seconda punta, trequartista o centravanti a seconda delle situazioni. Lo 0-1 di ieri sera è destinato a entrare nella bacheca della storia, una cavalcata di circa 60 metri, con botta di sinistro all’incrocio. Gol del genere li segnano soltanto i predestinati, e c’è da chiedersi perché Mourinho al Chelsea lo trattasse come l’ultima ruota dell’attacco.
GIROPALLA Sul piano tecnico-tattico la partita dello Stadium è stata la sublimazione del possesso palla viola, noto per la sua delicatezza. Non è questione di numeri, se si vanno a spulciare le cifre si scopre che il pallone l’hanno tenuto di più i bianconeri (55,9 per cento a 44,1), logica conseguenza dell’assalto conclusivo, quando la Juve ha cercato con furia il rattoppo. Sono state qualità e pulizia dei passaggi a marcare la differenza. Per una sera Mati Fernandez, Badelj e Kurtic sono stati superiori a Vidal, Marchisio e Pogba, hanno primeggiato per tocco e per capacità di inserimento. Elementare, ma efficace, il piano tattico di Montella: palleggiare, allargare sugli esterni e innescare Salah oppure cercare l’infilata del centrocampista. Schieramenti a specchio, due 4-3-3 tendenza 4-5-1 in ripiegamento, ma non è stato questo il punto. La differenza l’ha marcata l’attenzione della Fiorentina, brava a ricamare la sua tela e a ostruire le linee di passaggio degli avversari. Poche le concessioni dei viola. Due le parate importanti di Neto, una su girata di Tevez e un’altra su spiovente a lunga gittata di Pogba. Al conto vanno aggiunte delle mischie, sempre risolte dai difensori.
STANCHEZZA E SBAGLI La Juve è stanca, di una stanchezza più mentale che fisica. Lo si era intuito lunedì a Roma, se ne è avuta conferma ieri sera, e la cosa non promette nulla di buono in vista di Dortmund. Il 4-3-3 sperimentale non ha attecchito. Forse è stato un problema di uomini: Padoin, ad esempio, è uscito schiantato dagli incontri ravvicinati con Salah. Forse sono saltati degli equilibri, abbiamo visto sbagliare troppi palloni a Marchisio, le statistiche gli addebitano 17 palloni persi. E’ vero che ne ha recuperati 11 e intercettati 6, e così il suo bilancio chiude in pareggio, ma in quel ruolo conta la qualità, un regista non può fallire 15 passaggi come Marchisio ieri. Se succede, vuol dire che non c’è bilanciamento tra i reparti. Facile prevedere che Allegri a Dortmund ritornerà all’usato sicuro del 4-3-1-2 o del 3-5-2. Da salvare c’è il gol di Llorente. Rete bella, di testa, ma che ha il sapore del contentino, e la Juve non è squadra che ami declinare il verbo accontentarsi.
La Gazzetta dello Sport