Quando vi diranno che senza uno stadio di proprietà non si può pensare di conservare un tale livello tecnico. Quando vi diranno che, in fondo, un centravanti è un centravanti: e che, per esempio, Gignac è uno che è andato in doppia cifra nella lega francese, o che Zapata è un ragazzo di belle speranze che merita una stagione da titolare in serie A. Quando vi diranno che l’offerta non si poteva rifiutare, che le plusvalenze sono linfa vitale per le società e che è così che il Napoli chiude in utile da anni, continuando a capitalizzare cifre che peraltro non possono essere reinvestite senza risultati, che peraltro non si fanno finché non si investe.
Quando vi diranno questo, ricordate il rapace che si avventa sul bel pallone in profondità. Ricordatelo mentre si decentra, accorgendosi che nessun compagno ha seguito l’azione in area.
Quando vi diranno che in fondo la sua volontà era di rimanere solo fino a che fosse rimasto Benitez, negando che abbia detto, nella prima intervista a botta calda, che è felice qui e che ha un contratto. Quando vi diranno che è tignoso, litigioso, individualista. Quando vi diranno che non ce lo possiamo permettere, un giocatore così. Quando vi diranno questo, ricordatelo in una finta che lo costringe a decentrarsi ancora di più, ma che gli consente di avere uno spiraglio di porta nel mirino.
Quando vi diranno che una prima donna come lui crea malcontento nello spogliatoio. Quando vi diranno che in fondo abbiamo lasciato partire gente come Lavezzi e Cavani, senza doverli rimpiangere più di tanto.
Quando vi diranno questo, ricordatelo mentre si arrotola su se stesso, inventando un tiro di collo pieno che un calciatore qualsiasi nemmeno in tutta solitudine, prendendo con calma la mira e al quinto o sesto tentativo riuscirebbe a fare.
Quando vi diranno che in fondo i suoi gol se li mangia pure, vedi col Dortmund. Quando vi diranno che quel suo modo di protestare, teso ed esagerato nelle manifestazioni, irrita gli arbitri e li dispone malamente nei riguardi degli azzurri.
Quando vi diranno questo, ricordatelo mentre corre urlando a braccia spalancate verso lo spicchio di stadio romano colorato di azzurro delirante. Ricordatevelo bene, perché sarà quello il momento in cui bisognerà far sentire forte la voce dei tifosi.
Perché un calciatore così è un leader straordinario, attorno al quale costruire un futuro prossimo. Perché è proprio quel temperamento ricco di classe e di spigoli, che fa stare i compagni sulla corda e fa capire agli arbitri che non possono esagerare nelle scelte univoche. Perché avere uno così in squadra consente di fare una partita come quella di ieri, tappati in area a subire il gioco degli avversari tentando rare e mal gestite sortite, e perfino di avere un centrocampo formato da due difensori come Gargano e David Lopez, coprendo magagne incomprensibili come il mancato persistente utilizzo di Inler e la mancanza di sostanza di Hamsik. Perché un giocatore di questa dimensione costituisce uno spauracchio per ogni difesa avversaria, altrimenti tranquilla di fronte a esterni che non affondano e trequartisti che non tirano in porta. Perché se dovesse venire a qualcuno lo schiribizzo di andare a trattare qualche altro campione invece di mediocri portatori d’acqua, è con la presenza di uno così che si crea il cosiddetto appeal.
Quando vi diranno, se mai ve lo diranno e noi speriamo con tutto il cuore di no, che Higuain va ceduto, rispondete con forza che non va ceduto affatto. Se non altro per questo graffio splendido che ha fatto all’ora di pranzo su una partita che potrebbe essere più decisiva di quella sottratta da Tagliavento al San Paolo. Perché ci piace così, vivo, rabbioso e determinato. Perché non vuole perdere mai. E nemmeno noi.
Il Mattino