Giocateci voi con l’ombra lunga d’un pipita e quaranta milioni di euro che svolazzano nell’aria. Giocatevi voi con l’etichetta addosso di «soggetto misterioso» e la diffidenza classica ch’è nel calcio. Giocateci voi un giorno sì e l’altro chissà quando, stando alle spalle di Higuain, portandovi appresso la zavorra del perfetto sconosciuto e galleggiando in quella nuvola colma di pregiudizio. Giocate un po’ voi e provate a segnare un gol ogni settantuno minuti, chiamandovi Duvan Zapata, la versione 2.0 del «panterone», un corazziere che s’è preso il Napoli, se lo è caricato sulle spalle (nel turn-over) e l’ha portato a spasso.
Sette bellezze. Perché giocare in quel cono di luce riflessa è un bel problema, ma per chiunque: là davanti, nella schiera degli eletti, c’è Gonzalo Higuain, uno dei migliori centravanti al Mondo (quanti più forti di lui), il titolare della Nazionale argentina, l’ex Real Madrid per il quale il Napoli ha speso come mai: l’affare più costoso della storia, dunque… E Higuain è un’entità concreta, la sintesi tra il falso nueve ed il bomber moderno, venticinque reti nella sua prima stagione partenopea e stavolta siamo a sette, appena uno in meno della passata stagione, nella quale ha sterzato da dicembre in poi, accelerando come soltanto un uomo del suo spessore sa fare, incidendo (eccome) con una cadenza terrificante. Poi è arrivato il Mondiale, gli è scappata la finale di mano; poi c’è stata la Champions, gli è stata strappata la qualificazione a Bilbao; poi è divenuto «normale», ruolo faticoso da reggere, ed allora è sembrato che si stesse spalancando l’abisso. Invece è quella che semplicemente può essere catalogata come «pausa per rifiatare», anche se Benitez gli ha chiesto di essere leader, «perché quelli più bravi devono stare davanti».
L’altra prova del nove. Altrimenti c’è Zapata, che non ha mai smesso di credere in se stesso, che se n’è stato comodamente in silenzio ed ha aspettato che la giostra girasse nel modo giusto: è accaduto tutto così in fretta, quasi da non crederci, perché la svolta ha garantito spicchi di serenità. Il calcio dei se e dei ma: però, non ci fosse stato Zapata, a Marassi, minuto novanatuno…; e non ci fosse stato Duvan, che poi è lo stesso, con l’Empoli…Per non negarsi assolutamente nulla, il colombiano ha stappato lo champagne in frigo contro lo Slovan Bratislava, aprendo i balli e garantendo il primo posto in Europa League, e giovedì sera, di (pre)potenza, ha cominciato a sgretolare la resistenza del Parma.
Datemi una maglia. Il problema, ovviamente, è nella compatibilità tra l’uno e l’altro, perché entrambi sono grandi (Higuain tecnicamente e non si discute) e grossi (Zapata fisicamente e non è il caso di dibattere). Potrebbero coesistere? El señor della panchina non s’è mai sottratto all’ipotesi, pur lasciandola scivolare nella diplomazia. «E’ una possibilità, l’abbiamo fatto varie volte a partita in corso, ma dipende da loro». In realtà, diventa complicato immaginarli nel 4-2-3-1, però la tentazione di ritoccare se stesso, talvolta, Benitez l’ha avuta; ed in altre circostanze, invece, è dipeso dalla disperazione, dalla necessità di buttare palloni nell’area e trovare un amico che ci pensasse. L’ha fatto Zapata, che è arrivato in soccorso anche di Higuain (non segna da quattro giornate). E, ma guarda un po’, avendo avuto le chanches dall’inizio con l’Empoli e lo Slovan, il colombiano le ha colte al volo. Un gol ogni settantuno minuti vuol dire, nel suo piccolo, record: perché nessuno tra quelli del campionato che ne hanno segnato più di due sono stati capaci di viaggiare con il ritmo del «panterone», e poi viaggiando a fari spenti in quella oscurità scatenata dalla figura imponente del pipita.
Il Corriere dello Sport