NEWS

E’ l’unico attaccante ancora a secco, dopo la sosta Michu cerca il riscatto

«Only God can judge me». Soltanto Dio mi può giudicare. E’ così che ha scritto sul suo profilo Twitter. E chi vuoi che contesti… Però una pagella, Michu, la consentirà. Eventualmente anche una critica. Un’osservazione almeno. Pure se discutibile e senza pretese. E’ in ritardo. Anzi non si è mai visto. Non può essere questo, quello vero. Il Michu dei 20 gol in Premier League. Il bomber che esultava con le mani all’orecchio come fa Luca Toni. Il centravanti che al Rajo Vallecano le giocava tutte e segnava sempre. Mentre l’altro, tal Diego Costa, compagno d’attacco, non vedeva mai né il campo e neppure la porta. No, non è lui. E forse nemmeno potrebbe esserlo. Con quella caviglia che è tornata a fare le bizze. La stessa ch’era messa male a Swansea ed è di nuovo dolorante. La sinistra. Malconcia, già trattata e senza segreti. Visitata e vivisezionata. Due volte. Prima a Barcellona, poi a Villa Stuart a Roma. Coi referti allegati al contratto e le relazioni mediche lunghe quanto quelle tecniche. Cautela d’obbligo. Michu solo in prestito. Poi si vedrà. Però sempre fiduciosi. Certi delle qualità del giocatore. E con la speranza di riportarlo presto al top atletico. Miguel Perez Cuesta. Michu e basta. La scelta convinta di Rafa Benitez. L’omone grosso, tatticamente multiuso, coi piedi buoni e forte di testa. La fisicità che mancava sulla trequarti, quei gol di scorta da centravanti che sempre servono. I primi contatti il 20 febbrario scorso in un albergo di Swansea. Appena arrivati in Galles. A pranzo. Seduti al tavolo, Benitez, Bigon e due rappresentanti del giocatore. Quel giorno di Europa League, le strette di mano. Firme a inizio luglio. Michu l’uomo in più che è fino ad ora, purtroppo, meno. Solo 229′ giocati. Cinque apparizioni e un assist per Insigne. Tutto qui. Lui l’unico degli attaccanti che non ha ancora fatto gol. Fermo al palo. Anzi, alla traversa. Quella col Torino. Si arrampicò in cielo. Torsione, frustata col collo e la palla indirizzata precisa. Troppo, forse: il legno ancora trema. Segnali di una stagione fin qui complicata. La fatica di chi da tanto non giocava una partita vera, l’impatto con l’ambiente nuovo, la concorrenza di livello, terapie, acciacchi e ancora fastidi alla caviglia. Poi quel pallone maledetto contro l’Athletic Bilbao: una mazzata all’umore. Andata spareggio Champions. La palla era lì, sul destro. L’altro piede. Però comoda da calciare. Facile. Decisiva, forse. Doveva buttarla dentro. E invece l’ha passata, e anche male. E i 50mila di Fuorigrotta ancora si chiedono perché. Sliding doors. Momenti che possono cambiare una storia. O almeno, è la speranza, solo ritardarne gli attimi più belli. Professionali, certo. Gli altri, quelli di tutti i giorni, li racconta su Twitter ai suoi 400mila followers. Pensieri e foto. Alcune tenere, d’amore. Altre nostalgiche. I gol che furono allo Swansea, gli amici, i miti e le passioni. E allora la carica per Insigne, il ricordo di Di Stefano e Aragones, la stima per Mandela e il tifo per Nadal. Tutti insieme. E l’Oviedo, immancabile, la squadra del cuore, quella di cui è socio: tessera numero 1000. La salvò dal fallimento con Mata e Santi Cazorla. E se il Napoli lo riscatta, anche il 4% di quei 7,5 milioni da pagare, finiranno nelle sue casse. @Michuoviedo, così su twitter. Faceva il difensore. Poi, una domenica, da ragazzino, mancava il centravanti. Andò lui in attacco. E ne fece cinque tutti in una volta. Da allora non s’è mai fermato. Non si era… Ma dopo la sosta, si riparte.

Corriere dello Sport

Commenti
Segui il canale PianetAzzurro.it su WhatsApp, clicca qui