Repetita juvant. E adesso che le motivazioni affogano nella notte d’una Europa League ch’è un ripiego per chi ha sognato la Champions, c’è da timbrare il passaporto ma – innanzitutto – da ribadir se stesso, quella dimensione onirica che in Napoli-Roma ha toccato le corde del cuore d’uno stadio intero ormai stregato fino a controprova. «Dal punto di vista fisico stiamo bene ma sappiamo che non tutti vengono a giocarsela: può capitare di incontrare difficoltà contro chi porta nove uomini dietro la linea del pallone ed in quel caso noi contiamo sull’aiuto della gente. Ma ci sono circostanze in cui dev’essere brava la squadra: per esempio, non solo nella gestione della partita ma anche dell’ambiente. Dobbiamo imparare che certe gare si vincono anche all’80esimo, ma serve pazienza e tanta calma. Però questa è la strada giusta, per diventare grandi, per essere competitivi e inseguire qualsiasi traguardo».
Riflessioni. Però ora ch’è Europa League, andrà afferrata (al volo) la qualificazione, per rilanciarsi sul campionato, sulla Fiorentina, sul Napoli di sabato scorso, e vivere quella scia d’euforia contagiosa che benefici ne concede. «Io so come va il calcio: se gioca Insigne, si chiede Mertens; se gioca Mertens, si chiede Insigne. E so che sono stato massacrato per aver detto che uscire dalla Champions, nel caso, non sarebbe stata una tragedia. So anche che stiamo facendo le cose giuste, che i risultati arrivano attraverso il gioco e noi vogliamo riuscire a vincere divertendo. C’è stato un momento in cui ci sono mancati i gol di Hamsik e di Higuain, ma li abbiamo ritrovati; ci sono state giornate in cui i migliori in campo sono stati i portieri avversari, ma adesso segniamo e riusciamo a fare ciò che sappiamo. C’è stata delusione nella gente ed è giusto, com’è giusto che loro parlino di scudetto. Io non lo faccio, ma non ho paura». Perché la vita (del Napoli) è adesso, un orizzonte azzurro («macchiato» qua e là di striscia verdebiancorosso).
Corriere dello Sport