Si sentiva assediato: ma era nelle condizioni migliori per reagire. Umiliato da troppe critiche, lacerato da attriti interni e rimorsi, allarmato dall’ostilità diffusa di tifosi che sparivano o contestavano, dopo il gol di Halfredsson islandese dal testone bianco ghiaccio, il Napoli si è riunito in una identità di gruppo. Ha trovato nella fatica di rialzarsi unità e coraggio: il campionato è ricominciato ieri, alla ottava, se Benitez saprà rileggere gli ultimi giorni e l’ultima partita. Dal mediocre Young Boys agli sbandati idealisti del Verona. La vergogna di Berna non deriva dal turn over massiccio, otto su 11. Ma dalla mediocrità dei ricambi, in una campagna avara e maldestra, con la grave rinuncia a Reina per uno stralunato Rafael. Giusto cambiare, certo; è autolesionistico però schierare Michu e De Guzman, con Zapata in palese regresso e l’enigmatico Zuniga. Il riferimento al mercato ha fatto tornare subito il presidente a Castel Volturno: le sue responsabilità non potevano scindersi da Benitez.
Opportuna anche l’idea di far tacere i giocatori: il silenzio stampa li sottrae alle dissennate promesse di scudetti e vittorie. Tardi, ma decisivo è stato il ritorno collettivo a sobrietà, impegno, concentrazione. Non è un caso che la vittoria coincida con il ripristino della formazione migliore: due soli i nuovi acquisti in campo, Koulibaly ormai una certezza e l’ordinario artigiano David Lopez. Da sperare che Benitez si sia convinto di quanta potenza abbia la squadra e come esprimerla. Con il gol a freddo, il Verona si è trovato con l’assetto giusto. Può difendere il vantaggio barricandosi nel suo inedito 5-3-1-1. Soffre ma resiste quasi un tempo. Il Napoli trova quindi spazi chiusi, ma non si arrende. Possesso palla, ritmo superiore, ma stenta a pareggiare. Solo Insigne, caparbio e tecnico negli spazi stretti si inserisce. Generoso Koulibaly, con Insigne tra i migliori. È un container che piomba da lontano. I due gol subiti sono ormai patologici, ma guaribili se Benitez osserva il resto della partita. Con goliardica euforia, illuso anche dal facile pari di Nico Lopez sul 2-2, il Verona si allarga per coltivare il sogno di un successo a Napoli. Prova il 4-3-3. Distanze ampie con difesa lenta e protetta male, attacco sbilanciato: quanto di meglio per subire il micidiale contropiede di Napoli. Al 4-2 arriva con 3 attaccanti contro 2 difensori: si mostra così discinta Giulietta? I tre gol di Higuain conciliano rapacità, tecnica e fame di gol con gli spazi veronesi finalmente liberi. I due di Hamsik meritano invece una riflessione: visto che Benitez non aveva colpa? Non era il modulo a condizionarlo. Ha giocato bene e segnato per due motivi: continuità nel gioco e posizione giusta. Senza pause, da centrocampista d’inserimento e non da finta punta, si è reso utile alla squadra, le ha dato una direzione offensiva, e si è poi lanciato nei corridoi senza essere marcato per battere a rete palle vaganti. Grazie al Verona il Napoli ha scoperto i suoi migliori equilibri: se arretra, non prende gol ed è irresistibile con Higuain, Callejon, Higuain e Hamsik che attaccano la profondità. Scoprire la difesa e far sbattere quei quattro cavalli bradi negli spazi chiusi è un errore per il Napoli. Sulla sua pelle il Verona gliel’ha dimostrato ieri. Si convincerà Benitez in attesa di Atalanta, Roma e Young Boys in dieci giorni? Il giramondo poliglotta a volte dà l’impressione di vedere l’Italia e il Napoli ancora dall’oblò del suo aereo.
Antonio Corbo per La Repubblica