Napoli, altra prestazione da dimenticare
Rieccolo il Napoli, con le sue contraddizioni, le pause e (forse) anche le paure: riecco il Napoli d’un mese fa, che fa e disfa, che sembra di poter gestire una partita e poi la demolisce da solo, con una amnesia che rimette in gioco la qualificazione in Europa League. 2-0 per lo Young Boys ed è una secchiata gelida sull’autostima appena rinfrescata da una striscia di risultati, è un colpo basso proprio mentre il codice-Benitez pareva (a tratti) potesse riemergere. La strada è costellata di buche (difensive) e – mentalmente, innanzitutto – vanno rimessi a posto i cocci.
VOLONTA’. L’entità di squadra è difficile da esibire, per la massiccia pressione da «risultato ad ogni costo» e per la pronunciata – e inevitabile – rivoluzione, ma la partenza lanciatissima del Napoli è una sorta di ribellione verso se stesso, verso l’edizione milanese della prima ora. La partita va fatta, affrontata a petto in fuori, indirizzata su ritmi appropriati e la scelta di sfondare a sinistra, attraverso Mertens, è la testimonianza d’una riflessione ponderata. Lo Young Boys vacilla, subisce il belga che (3’) viene accerchiato dal «nemico» al momento della conclusione e (15’) raschia il fondo della propria ispirazione con un pallonetto da trenta metri che lambisce traversa e capolavoro balistico: c’è più Napoli, che occupa il campo in ampiezza ed in profondità, che lascia allo Young Boys una rasoiata di Gajic (7’) e fa sospirare lo «Stade de Suisse» sulla girata di testa di Hoarau (17’), ad un niente dall’angolino.
IL MANCINO. C’è l’espressione del gioco, che passa attraverso l’asse Inler-Jorginho di nuovo illuminata, che talvolta trovo sfogo in De Guzman (20’: bravo Mvogo sulla randellata) ma che si lascia esaltare innanzitutto da Mertens prodigo di traversoni (e di qualche rimprovero) per uno Zapata che (33’) viene «scippato» dal colpo di testa letale da un miracoloso recupero di Von Bergen. Le differenze sono evidenti e manifestate da una pressione costante e da una straordinaria vena di Mertens (40’) per il quale serve il migliore Mvogo: la parabola arcuata è indirizzata nell’angolo lontano, dove il portiere arriva prodigiosamente. La fase di scongelamento lascia in campo i resti dello Young Boys e mostra una convincente credibilità offensiva del Napoli: è tutto bello (42’), la lettura di Inler, il lancio per la sovrapposizione di Maggio, l’illusione di poterla chiudere lì, se però al laterale non venisse meno il destro per l’appoggio all’isolato Zapata.
CHOC. Ma la storia si ripete e, puntualmente, qualcosa accade nel meccanismo complesso d’una squadra che si perde, che smarrisce le coperture, che (8’) lascia ad Hoarau la battuta pulita, dal centro dell’area. Come farsi del male da solo. E quando diventa una nuova partita, Jorginho è andato sparendo, Mertens ha sprecato e allora bisogna inventarsi l’ennesima resurrezione in corso, irrorando d’energia (e di talento) il Napoli, concedendogli Hamsik (19’: di testa fuori dopo iniziativa di un incontenibile Mertens). Ma gli dei hanno gli occhi altrove e Buquet pure: ci sarebbe un rigore per fallo su Hamsik (22’), ma è ancora poco, troppo poco per aggrapparsi a qualcosa e pensare che il peggio sia passato. E’ un tormento esistenziale, questa vita (del Napoli), rimescolato in corsa, con Callejon dentro e De Guzan ora a fungere da regista, poi con Higuain davanti – al fianco di Zapata, ed Hamsik in mediana.
La girata di Callejon (42’) è una luce nella penombra che s’allunga ancora sul Napoli ormai disperso e capace di concedere un contropiede buffo (errore di Albiol e Ghoulam) che dilata la sconfitta con il 2-0 di Bertone. E’ la prima sconfitta in Europa League (e dopo, complessivamente, tre successi e due pareggi di fila tra campionato e Coppa): ma quando passa quest’altra nuttata? Nel frattempo, con la vittoria dello Sparta Praga, il Napoli è terzo nel girone per differenza reti.
Corriere dello Sport