Benitez: “Viviamo alla giornata, ora c’è lo Slovan e cercheremo di vincere”
E’ qui la testa, in quest’Europa che ha un senso (eccome), in quella dimensione ch’è da ritrovare: «Noi ci puntiamo». E’ qui la testa, e però anche altrove: perché mentre intorno s’avverte ancora la tipica freddezza d’una “crisetta” spazzata via sotto al tappeto, il futuro è un’incognita da svelare, per regalarsi emozioni. «Noi giochiamo sempre per vincere e così dobbiamo continuare a fare. Viviamo alla giornata: stavolta lo Slovan Bratislava, poi il Torino, però con un’idea chiara di noi, che siamo il Napoli, e ciò vuol dire puntare sempre al massimo. La vittoria con il Sassuolo è servita, ma guai pensare che sia stata la svolta. Quella si può ottenere con una striscia di risultati». E’ qui che resta a galleggiare l’interrogativo dell’anno: e in questa ora e mezza che “vive” nel tunnel della delusione, c’è un Napoli da ritrovare e da ricostruire attraverso la propria identità racchiusa nella filosofia di Benitez, nella sua vorace volontà di prendersi tutto ciò ch’è possibile, innanzitto se stesso. «Certo che mi piacerebbe vincere e anche giocar bene, ma so che non sempre ciò è possibile. Domenica, a Reggio Emilia, abbiamo fatto molto bene per mezz’ora e poi abbiamo un po’ sofferto nel finale. Però devo dire che abbiamo mostrato carattere e che il primo tempo è stato bello, come altre volte. Ma io so complessivamente cosa valgono questi ragazzi e so che per conquistare i tre punti, in genere, è necessario trovare le coordinate tecnico-tattiche: lo spettacolo, la capacità di produrre calcio, magari il nostro, conduce al successo. Più complicato, quasi occasionale, è riuscire ad imporsi senza avere una propria filosofia».
VAI MAREK. E’ qui la cresta che fende l’aria, che affascina Bratislava, che spezza in due l’ormai abusato ritornello intorno alle cause ed agli effetti d’un 4-2-3-1 che ha trasformato Hamsik, epicentro dei pensieri sparsi d’un Benitez espansivo ed ignifugo sulle allusioni che sfiorano il modulo. «Marek è importantissimo per noi. Lo è stato in passato, lo è stato nel corso della mia gestione, sia l’anno scorso che in quest’avvio di stagione: è un uomo che fa la differenza, centrocampista di levatura internazionale». Si ricomincia da Hamsik, in un turn-over massiccio e inevitabile: «Perché quando si gioca ogni tre giorni bisogna tener presente una serie di valutazioni. Cambieremo parecchio ma non chiedetemi dove: la formazione la decido all’ultimo momento, dopo la rifinitura».
INCONTENTABILE. Si scrive Europa League e si notano, s’avvertono, le diffidenze d’una città stordita dalla Champions, dilaniata “dentro” da quella delusione del San Mamés che Benitez cancellerebbe con un taglio netto, se solo potesse. Però si gioca e mica soltanto per la firma, ma anche per la dignità di ricominciare, di ricollegarsi alla realtà del suo Napoli, quello sgargiante che ne ha fatte – e tante – con Borussia Dortmund e con OM, quello che per un anno ha espresso calcio verticale da perdersi nelle emozioni. «Siamo sulla strada giusta, perché anche in altre gare avevamo fatto bene e poi siamo stati punti dagli episodi. Ma dobbiamo dare continutià al nostro percorso, per questo motivo dico che un pareggio, prima della gara, io non lo sottoscrivo. Mai. Poi magari la partita si mette in un certo modo e pure un punto può andar bene, ma noi siamo venuti qua per fare la nostra partita e per vincerla». Perché è lì la testa: proiettata ovunque, in un orizzonte da decifrare.
Corriere dello Sport