ROMA – Si è presentato con una tripletta al Barbera, Filip Djordjevic. Dopo un avvio più ombre che luci, il nuovo attaccante della Lazio sentiva la necessità di sbloccarsi. Perché a volte un gol può cambiare la storia di un giocatore in una nuova squadra. Pochi centimetri spesso possono fare la differenza. Basta chiedere a Djibril Cisse, eccentrico attaccante francese che ha visto frantumarsi sul palo – in un derby del novembre 2011 – la possibilità di trasformarsi in idolo assoluto dei tifosi e campare di rendita per il resto della sua avventura alla Lazio. Destino beffardo per lui, perché poco dopo – in quella stessa partita – è toccato all’altro nuovo arrivato Klose prendersi le luci della ribalta e consegnare alla squadra biancoceleste una vittoria contro la Roma che mancava da 5 stracittadine. Il resto è storia: il tedesco è diventato un simbolo della Lazio, Cisse due mesi più tardi ha preparato la valigia ed è tornato in Premier League.
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CARATTERE, GRINTA E DETERMINAZIONE – Un gol, insomma, ha fatto la differenza. Anche per questo forse contro il Palermo (che non è la Roma, ma per la Lazio di Pioli rappresentava già un’ultima spiaggia) il nuovo centravanti Djordjevic ha calato il tris e si è portato a casa il pallone. Dopo aver segnato a ripetizione nel corso di tutta la preparazione estiva, il nazionale serbo aspettava solo di sbloccarsi in campionato. Primo acquisto estivo della Lazio, abile nel prelevarlo a parametro zero dal Nantes. Subito dopo il suo annuncio Filip ha lasciato intendere quali fossero le sue intenzioni: “Avevo molte offerte, ho scelto quella biancoceleste perché mi ha messo al centro del progetto e mi permetterà di giocare con continuità”. Poco importa se a giocarsi un posto da titolare con lui ci fosse un certo Miro Klose, che qualche settimana più tardi diventerà campione del mondo, nonché recordman di reti nei Mondiali e con la nazionale tedesca. Un caratterino niente male, prerogativa necessaria per i giocatori con una certa personalità. Dimostrata peraltro anche in campo, già al suo esordio a San Siro contro il Milan. Il suo faccia a faccia con Zapata è già un cult per i tifosi biancocelesti. Ma serviva qualcosa di più per diventare un idolo. Serviva un gol.
TRIPLETTA E QUEL PARAGONE CON VIERI – Per essere sicuro, Djordjevic, ne ha realizzati tre in una volta sola, come se volesse recuperare il tempo perduto. Tutti e tre di sinistro, uno più bello dell’altro. Di rapina, il primo. Sicuramente il più facile, ma probabilmente il più importante per le sue sorti e quelle della Lazio, apparsa fino a quel momento in grande difficoltà con il Palermo. Sarà per questo che poco dopo ha provato a esaltarsi, con quel colpo che solo ai grandi campioni può solo venire in mente di provare. Sull’1-0, con la Lazio ancora in bilico tra una salutare boccata d’ossigeno e il precipizio, Djordjevic anziché appoggiare in porta da due passi un pallone delizioso di Felipe Anderson, decide di provare un colpo di tacco. La rotazione è perfetta, il tiro quasi. Fatto sta che Sorrentino si oppone e già iniziano i primi mugugni sull’inopportunità del gesto tecnico. Bastano quattro minuti al serbo per mettere le cose a posto: filtrante di Lulic, finta di calciare di destro e sinistro a giro sul secondo palo. Un gol alla Bobo Vieri, tanto per intenderci, che ha fatto vibrare i cuori dei tifosi biancocelesti. E anche la terza rete ha ricordato moltissimo l’ex centravanti di Lazio e Inter: lancio lungo di Marchetti, Filip si scrolla di dosso l’avversario di turno e corre a testa bassa verso la porta prima di scaricare un sinistro potente e preciso in diagonale da posizione defilata. È il 3-0, che chiude virtualmente l’incontro (poi arriverà il 4-0 di Parolo a tempo scaduto) e gli strappa addirittura un sorriso.
IL BOMBER FREDDO CHE NON TRADISCE EMOZIONI – Già, perché difficilmente Djordjevic “il freddo” tradisce emozioni. Al primo gol quasi si pensava che si trattasse di autorete “vista” la sua impercettibile esultanza. E pure quando al termine della gara si è presentato ai microfoni in qualità di migliore in campo, sfoderando peraltro un ottimo italiano, non lo ha scomposto nemmeno il gavettone goliardico in diretta che gli ha riservato Keita e, impassibile, ha proseguito l’intervista: “Sono molto contento per questi tre gol, un attaccante ha bisogno di segnare per avere fiducia. Sono felice anche per la squadra, stasera abbiamo giocato con tanta cattiveria e aggressività. Inizialmente eravamo un po’ bassi, poi dopo il mio gol è stato tutto più facile”. Perché lo sa anche lui che un gol a volte può cambiare la storia. Figurarsi tre.
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- filip djordjevic