PIANETA CALCIO

“Scusi, Mister: si può togliere mio figlio dalla barriera?”

di Vanni Spinella

“Tranquillo, mister, gli ho parlato io dopo l’espulsione: gli ho fatto capire che se l’arbitro è un cretino non è mica colpa sua”. O ancora: “Cassano, all’età di mio figlio, non era così forte”. E sentite questa: “Se faccio due righe scritte alla società , si riesce a non mettere mio figlio in barriera?”.

20 euro a gol – Ci sarebbe da ridere, se non fosse che si tratta di frasi realmente pronunciate da alcuni “genitori-ultrà” che ogni fine settimana popolano le tribune dei campetti di tutta Italia per sostenere i propri pargoli, dai pulcini in su. Le ha raccolte Fabio Benaglia, giornalista del Corriere Romagna, in uno spassoso libro-inchiesta sul mondo dei settori giovanili (“Mio figlio è un fenomeno”, ed. Il Ponte Vecchio), frutto di una trentina di colloqui e interviste con allenatori e dirigenti che spesso svolgono anche la funzione di confessori dei genitori preoccupati per la carriera dei propri campioncini.

Mamma, che paura – Tutto è nato… per errore. “Al giornale – racconta Benaglia – curo anche la pagina dei campionati giovanili e un giorno, in un tabellino di una partita di Allievi regionali, salta fuori un marcatore sbagliato. Mi chiama l’allenatore per farmelo notare e gli prometto una rettifica per la settimana successiva. ‘Nessun problema, ma in questi giorni con la mamma ci parli tu’, fu la risposta del mister”.

Il padre intenditore – Da lì l’idea di addentrarsi in quell’universo misterioso, in cui i padri curano personalmente i fondamentali dei figli con allenamenti extra, mentre le madri li soffocano con il loro istinto protettivo. “Da quello che emerge nella mia piccola inchiesta le mamme sono anche peggio dei papà – dice l’autore –. Sono costanti, dei veri martelli: si attaccano alle caviglie degli allenatori e non li mollano più”. Loro, cuore di mamma, chiedono se si possa esentare il figlio dalla barriera o come mai lui sia sempre in fondo quando si fanno i giri di campo. “I papà, invece, si atteggiano a intenditori. Sono più attenti alla carriera del figlio, specie se loro non ne hanno avuta una per il classico colpo di sfortuna: quell’infortunio al ginocchio, quell’allenatore che non mi vedeva, il compagno raccomandato…

C’è speranza? – Tornano alla mente le parole (dure, ma sante) di Doc Counsilman, il celebre allenatore americano di nuoto che dichiarava senza alcuna vergogna di sognare di allenare atleti orfani, e ci si chiede se, con genitori del genere, ci sia speranza per il futuro del nostro calcio. “La risposta è sì e no”, dice Benaglia. “Perché comunque mi sono fatto l’idea che il concetto di cultura sportiva, in Italia, non sia totalmente astratto. Siamo un paese pieno di gente in tuta che vuole veramente cambiare questo mondo”. E’ un lavoro lungo, ne siamo consapevoli, e il traguardo è ancora lontano. Il calcio italiano non si cambia in un Optì Pobà.

Fonte: SkySport

Commenti
Segui il canale PianetAzzurro.it su WhatsApp, clicca qui