Koulibaly, talento e potenza: è lui il titolare al fianco di Albiol
Mister X ha scelto di fare in fretta: è arrivato, s’è levato la maschera, ha mostrato i muscoli e s’è lanciato nel mischione. E così, dopo appena un mese, le ladies ed i gentlemen del football hanno scoperto Kalidou Koulibaly, ventitré anni e non mostrarli per niente, perché l’impatto è stato rassicurante, espresso attraverso una maturità (tattica) che è servita per spazzare via ogni tipo di pregiudizio (o di paura) a mo’ di sfollagente. A volte basta veramente poco, appena quattro amichevoli, per accorgersi che non è il caso di lasciarsi travolgere dall’ansia di prestazione altrui: e dalla Feralpisalò sino al Barcellona, scalando vertiginosamente (ma amichevolmente) gli scaloni del calcio, quel francese reduce dalla sua esperienza in Belgio, una sorta di Carneade del calcio del Terzo Millennio, ha consentito a De Laurentiis di lusingare Benitez. «E’ stata una sua idea» . E dunque, mica solo allenatore, ma anche talent scout o comunque conoscitore delle vetrine sciccose e di quello che a livello internazionale – e senza offesa, sia chiara – pare rappresenti una bottega artigianale.
ESPLOSIVO. Koulibaly era al Genk, nobile squadra d’un campionato al quale non vengono riservati riflettori o telecamere: il Napoli se lo era andato a prendere nel gennaio scorso, complici le sollecitazioni del proprio tecnico, poi l’aveva lasciato giocare per farlo crescere ed a luglio, il primo, quando il regolamento l’ha concesso, l’ha portato a casa. Un contratto quinquennale, accompagnato dall’umanissima curiosità popolare di vederlo all’opera: perché il tifoso, si sa, ha bisogno di verificare.
PRONTO, VIA. Koulibaly s’è infilato nel San Paolo con l’autorevolezza d’un senatore a vita: contro il Paok, certo non irresistibile, novanta minuti di chiusure, diagonali, elastici, coperture preventive, scatti secchi e feroci per gli avversari disorientati da così tanta potenza. Ma un indizio resta semplicemente tale, nel football d’agosto; poi a Ginevra, quando invece di fronte s’è trovato il Barcellona, per opporsi a Pedro & company ha provveduto ad usare le armi della gara precedente: uscite imperiose a cercare l’anticipo, rientri furiosi per andare a scalare e a chiudere, magari una leggerezza – una evidente – sulla ripartenza di Pedro, ma mica si può avere tutto dalla vita.
LE GERARCHIE. Però Koulibaly ha rimesso subito in chiaro che il talento, la potenza fisica, la disinvoltura negli spostamenti – pure quelli laterali – la fusione immediata con Albiol, hanno spostato vagamente le gerarchie e il francese, per compatibilità con lo spagnolo ma non solo, è adesso un filino avanti a Fernandez ma anche a Henrique e a Britos. E’ l’uomo (ovunque) con le caratteristiche idonee per esaltare la gente ma anche lo schema difensivo: ci mette i centimetri sulle palle inattive e l’atletismo su quelle in movimento; è divenuto – di slancio – una presenza “amica” per il pubblico, che l’ha apprezzato. E ora può cambiare il mercato: perché Britos sta imparando a giocare (pure) a sinistra ed è un mancino naturale e magari c’è un Fernandez di troppo.
Corriere dello Sport