Questione esuberi: da Gargano a Donadel, ingaggi robusti e giocatori da piazzare altrove
I conti talvolta non tornano: e infilando la testa nel bilancio, o anche fermandosi un attimo in superficie però leggendo tra le righe, si fa in fretta a scorgere gli scogli d’un mercato vissuto un po’ lateralmente. Il fair play (finanziario) è un’esigenza, va richiesto al buon padre di famiglia e all’imprenditore saggio (o illuminato): va attuato, per aver lunga vita, a prescindere da Platini, abbracciando il proprio budget, resistendo alle tentazioni, scrutando tra le pieghe delle entrate e delle uscite. Si venda, dunque: per riuscire a rimuovere quel po’ di stipendi che restano altrimenti a gonfiare il monte-ingaggi, per liberare il Napoli di eccedenze ormai accertate ed a libro-paga da qualche anno. Una società si lega a filo doppio alle sue varie componenti e non può prescindere dai numeri che sembrano ricondurre ad un’era lontanissima e invece vicina. E quindi, tocca a Bigon, perché Donadel e Gargano, Dumitru e Fideleff, Rosati rappresentano storie diverse, riconducibili a periodi e a esigenze e a valutazioni differenti, però costituiscono masse di danaro da risparmiare. In realtà ci sarebbero anche Ciano e Maiello, Allegra e Palma, (ex) giovanotti in cerca di sistemazione, presenze che incidono relativamente e che però hanno bisogno di trovare squadra; ma la priorità, inevitabilmente, è (sarebbe) per chi ha uno stipendio rilevante, per chi rappresenta una preoccupazione in certi termini, ed è pleonastico chiedersi quale….E allora, in ordine rigorosamente alfabetico, risistemandoli: Donadel, Dumitru, Fideleff, Gargano e Rosati, ognuno con il proprio vissuto ed alla ricerca della sistemazione ideale. Donadel (31) è il «caso», suo malgrado, più paradossale, un «affare» a costo zero che invece resta lì, una casella occupata in termini economici, con il suo quadriennale che va in scadenza nel 2015 e che al lordo vale due milioni di euro circa. La sua Napoli è racchiusa in pochissimi minuti, un’esperienza caratterizzata dalla sfortuna (per un incidente e conseguente intervento chirurgico) e poi probabili difficoltà d’inserimento: una manciata di presenze in tre anni, prima del prestito al Verona, prima del rientro, prima di ritrovarsi sul mercato con quel contratto che diviene tormento. Poi c’è Gargano (30), che nel Napoli invece ha lasciato un segno, che al San Paolo (e a Castel Volturno) ci arrivò nel 2007, con la prima serie A dell’era De Laurentiis: tre milioni e spiccioli per strapparlo al Danubio, una resa elevata, un capitale che si è ammortizzato largamente e comunque una presenza che rimane e va collocata, dopo averlo consegnato per un anno all’Inter e per uno al Parma. La gioventù che ha indotto a crederci, e che sinora ha deluso, è racchiusa in Nicolao Dimitru (23), acquistato quando il baby bomber prometteva nell’Empoli, rimasto attaccante nelle intenzioni; ma non può essere considerato vecchi Ignacio Fideleff (25), approdato a Napoli sul suono della sirena del mercato estivo del 2011, rimasto a galleggiare spesso (sempre) ai margini, ha chiaramente il desiderio di restare in Argentina, che l’ha riaccolto nel Tigre. La lista non è enorme, ma richiederà tempestività: aspetta di saper qualcosa che lo riguarda Antonio Rosati (31), per un periodo guardiaspalle di De Sanctis ed ora disponibile – dopo l’annata spaccata in due tra Sassuolo e Fiorentina – per andare a giocarsela altrove. La palla a Bigon ed è di fuoco: perché pure questo è un tesoretto.
Corriere dello Sport