Un parco da sogno, un Napoli da sogno, forse, un giorno, anche un calcio da sogno. La parola magica è sempre la stessa e sta sempre nei pensieri di Aurelio De Laurentiis. Per lui, produttore e presidente di successo, il sogno è una filosofia di vita, l’elemento che unisce sala e campo, i terreni dove gioca le sue partite. Qui, in questo immenso parco alle porte di Roma chiamato Cinecittà World, sogna di regalare ai visitatori un «divertimento da Oscar». Al San Paolo, i napoletani si aspettano nuovi successi, altri campioni. Tanti campioni. Ecco perché, tra tante dichiarazioni forti pirotecniche, su leggi, elezioni federali, politica, violenza, è bene cominciare dal campo, dal Napoli, da Higuain che è quasi meglio di Pelè.
Presidente De Laurentiis, vuole tranquillizzare i suoi tifosi. Higuain non si tocca?
«Direi che Higuain non si prende. E’ nostro e ce lo teniamo stretto. Anche perché nel suo contratto dal primo giorno c’è una clausola rescissoria da 100 milioni di euro. Non lo sapevate, eh? Pensavate che fossi tanto fesso da farmelo scappare? E’ il nostro orgoglio, è in finale e segnerà alla Germania. Nell’Argentina ci sono tre giocatori del Napoli, all’inizio del Mondiale ne avevamo 16, ai tifosi dico: ma che volete di più?».
Qualche acquisto, forse.
«Abbiamo sistemato la difesa e sistemeremo gli altri reparti con due colpi, come è stato richiesto da Benitez. E poi ripartiremo da Zuniga, Hamsik, Mesto e Rafael, che per diversi motivi l’anno scorso abbiamo avuto a mezzo servizio. I tifosi devono capire che dobbiamo rispettare il fairplay finanziario e col nostro fatturato certi ingaggi non possiamo permetterceli. Quando fattureremo come la Juventus, ne riparleremo. I tifosi stiano tranquilli, saremo competitivi. E poi si preoccupino più di chi si vende o no. Lo sanno che ogni giorno il Barcellona e l’Atletico Madrid mi chiedono Callejon? Ma io tengo anche lui».
Sarà felice Benitez…
«A proposito: la prima garanzia dei tifosi è l’allenatore. Facciamogli fare il proprio lavoro».
E in lavoro in Federcalcio, invece, chi dovrebbe farlo secondo lei?
«Non sarebbe corretto fare nomi, ma ho le mie idee. Ho già detto che serve un giovane di testa, qualcuno che in due anni riesca a fare le riforme che servono. Per tanto tempo, quando parlavo dei problemi del calcio italiano, mi hanno dato del visionario. Ora che abbiamo toccato il fondo, tutti si sono resi conto che nel nostro mondo non funziona nulla».
E da cosa dipende, innanzitutto?
«Noi con la legge Melandri non torneremo mai competitivi in Europa, salvo miracoli. Lo dico chiaramente: bisogna che Renzi e Delrio ci mettano mano e studino con la Lega di A quei correttivi necessari a salvare il calcio, altrimenti moriamo. E la Lega stia vicino alle istituzioni, a Roma, perché defilarsi a Milano? Lo trovo sospetto».
Qual è la sua ricetta?
«Partiamo dalla riforma dei campionati. Torniamo a 16 squadre, come nel 1986. E con una sola retrocessione, da decretare dopo uno spareggio con chi vuole salire dalla B. A questo proposito, fatemi dire che purtroppo si viene dalla B in A con la consapevolezza che si vuole godere solo un anno, al massimo due, per poi tornare in B, riprendere quei giocatori da rivendere poi in A, e quello è il frutto del loro guadagno. Ma cavolo, così si abbassa il livello del campionato e l’audience di Sky con partite inutili. Per stare in A bisogna avere determinate caratteristiche, perché quei signori non spendono in giocatori i 25 milioni che gli dà la legge Melandri? Ho dovuto dare Calaiò al Catania gratis e se farà 20 presenze e torneranno in A mi daranno 350.000 euro. E’ deprimente e offensivo. Come la follia di imporci acquisti di giocatori italiani. Non ci sto, siamo in un villaggio globale, il calcio appartiene al mondo. Leviamo pure il tetto agli extracomunitari. Se vuoi far crescere i giocatori italiani, puoi farlo nei vivai e decidere che in Lega Pro e Serie B giochino solo Under 25 italiani».
Ma insomma, De Laurentiis per chi vota? Tavecchio, Albertini, o qualcun altro?
«Inutile fare nomi ora. E trovo riduttivo colpevolizzarsi a vicenda. E’ più corretto cominciare a ignorare il passato e pensare a qual è il programma, perché un nuovo presidente dovrebbe essere eleggibile solo se esiste un programma convincente firmato con il sangue e con l’approvazione di tutti. Ma questo è il paese dei veti incrociati, e se non li aboliamo non si va da nessuna parte. Ecco perché dobbiamo sederci intorno ad un tavolo con Renzi e Delrio».
Come valuta l’ipotesi di un commissariamento della Figc?
«Era la mia prima opzione, ma si è deciso di votare l’11 agosto e allora esca fuori un nome. Un commissario? Che sia un indipendente ed un esperto di industria, intrattenimento e sport».
Si continua a parlare di scommesse. Forse ci vorrebbe un commissario anticorruzione anche nel calcio…
«Avete letto i rapporti di Cantone sulla centrale a Singapore? Perché mesi fa, prima che andasse a Expo, non è stato chiamato per una legge seria sul calcio? Perché dobbiamo rischiare che i nostri giocatori diventino oggetto di taroccabilità delle partite? Uno Stato serio ha bisogno di lucrare su questo?».
E la violenza come si estirpa? La tragedia di Ciro Esposito ha colpito tutti…
«Se potessimo importare la legge inglese e applicarla avremmo risolto tanti problemi. Non si sa perché il ministero degli Interni non vuole. Mi chiedo se i nostri politici non siano ricattati da chi gli dà i voti. E a proposito del 3 maggio, come è stato possibile non fare un’attività di intelligence adeguata in una città come Roma, abituata a ospitare milioni di pellegrini e turisti? A volte mi viene da pensar male».
La Gazzetta dello Sport