Lo zio di Ciro: “ammazzato dal proiettile e dal ritardo dei soccorsi”, la mamma: “giustizia significa condannare anche chi ha sbagliato”
Nel corso della trasmissione “Attacco a Napoli” in onda su piuenne, è intervenuto Vincenzo Esposito, zio di Ciro:
“Uno dei motivi scatenati della morte di Ciro è stato il ritardo dei soccorsi e questo è palese. Ci sono due elementi che lo hanno ucciso: i frammenti del proiettile e il ritardo dei soccorsi. Alfano decida la data, l’ora ed il luogo per un confronto televisivo, è questo il mio invito. Mio nipote è andato a Saxa Rubra e gli è stato detto di andare a Tor di Quinto e ciò significa che il pericolo per i tifosi del Napoli non è stato preso in considerazione. La famiglia Esposto è ormai conosciuta da tutti, ma mi chiedo: a Roma nessun giornalista indaga sull’aggressore così come accade a Napoli? Possibile che nessuno discuta su un presunto assassino? E dico presunto solo perché sono garantista. E poi, le poche immagini che circolano sul del De Santis girano sul web perché noi napoletani le stiamo pubblicizzando, non perché se ne parli nella capitale.
Tra i tanti messaggi, ne ho ricevuto uno che mi ha toccato tanto, da un ragazzo napoletano che vive in Russia e che si è scusato per non essere stato presente ai funerali di Ciro perché precario e non poteva permettersi di pagare il viaggio. Questo per dire che la solidarietà è stata tantissima.
De Laurentiis è stato molto delicato ai funerali, ha chiesto se la sua presenza fosse gradita prima di arrivare a Scampia. Lui ha dimostrato grande umanità nei nostri confronti anche perché ci è stato vicino in tutto il percorso.
Saremo in grado di urlare anche quando non avremo più voce: vogliamo giustizia. La memoria di Ciro resterà intatta e la frase più bella è stata quando ha detto alla madre: “Proprio ad un fesso come me dovevano sparare?” Noi abbiamo un’opportunità unica e la morte di Ciro può servire a qualcosa. Un quartiere intero ci chiede giustizia, un popolo intero ce lo urla e gli stessi tifosi romanisti ce lo chiedono”.
Nella stessa trasmissione è intervenuta anche la madre di Ciro, Antonella Leardi:
“C’è un grande vuoto a casa, immenso, indescrivibile. Stiamo cercando di vivere nella normalità, ma è difficile. Stasera aspettavo che mio cognato mi venisse a prendere per venire in tv, mi sono affacciata alla finestra e desideravo di essere nel policlinico Gemelli. Io lì ero felice nonostante i tanti interventi perché c’era il suo sorriso, la speranza. Lui sorrideva sempre, avevo imparato a fare i monologhi: facevo domande e rispondevo da sola poi lo guardavo e lui muoveva il capo. C’era un pezzo del mio cuore al Gemelli e ora non c’è più.
Non c’è stato un momento in cui ho capito che Ciro mi stava salutando per l’ultima volta, è stato bravo fino alla fine. Prima speravo che potesse guarire, ma ora c’è solo un dolore atroce. Il dolore di una vita spezzata così giovane, di un ragazzo che stava cominciando a progettare il suo futuro. Ogni genitore desidera che un figlio si realizzi e adesso questa speranza non c’è più. Se sono qui stasera c’è un perché. Non lo faccio per soldi, sono qui gratuitamente, lo faccio per difendere la memoria di mio figlio e la dignità di Scampia e dei napoletani. Mi espongo per mandare ancora una volta messaggi di pace: vorrei che ciò che è successo a Ciro non accadesse mai più. La vendetta porterebbe solo altri morti. Però, mi aspetto giustizia. Forse sarò ingenua, ma mi auguro si faccia giustizia.
Giustizia non significa condannare solo chi ha sparato, ma anche chi ha sbagliato nell’ordine pubblico. Se la polizia ci fosse stata, se mio figlio non fosse rimasto 40 minuti a terra, forse le cose sarebbero andate diversamente. La giustificazione datami è stata “per colpa del traffico”, ma prima non si aspettava che un ragazzo stesse a terra 40 minuti, si caricava il ferito sulle spalle.
Non ho mai sognato Ciro finora, ma lo porto nel mio cuore tutti i giorni. Ciro vive in me, nelle persone che lo hanno amato, vive. In questo momento me lo immagino con un sorriso incredibile.
Non ho mai ricevuto nessuna telefonata dalla polizia, ancora oggi non sono stata avvisata del ferimento di mio figlio. Poi, a Roma abbiamo sopportato anche quelle voci che infangavano il nome di mio figlio. Ciro veniva chiamato rapinatore, mafioso, delinquente. Io invece sin da bambino lo chiamavo Ciro ‘lo sparviero’ perché ha sempre combattuto per i deboli e lo ha fatto anche quella sera del 3 maggio. Ha ascoltato il suo cuore. Al grido dei bambini e delle donne, non ci ha pensato due volte, è stato il primo a correrle per aiutarli. Ciro ha visto chi aggrediva il pullman, ha visto chi lo ha sparato, ma mio figlio certamente non era armato. Aveva solo le mani e dall’altra parte ha trovato una pistola. So per certo che vista l’arma, Ciro è scappato.
Mio figlio mi ha spesso ripetuto “E’ stato un agguato” ma è chiaro che chi cammina con una pistola ha premeditato tutto. In questa vicenda il calcio non c’entra nulla. Al funerale di mio figlio c’erano quasi tutte le tifoserie d’Italia.
Chiederei a chi ha sparato di dire la verità. Credo che la mia sia una richiesta assurda perché la persona in questione non dirà mai la verità e allora punto sulla giustizia. E se c’è qualcosa sotto, che venga a galla. Posso dire che so chi ha sparato mio figlio, nonostante questa persona neghi perché sono stata io a mostrare la foto a Ciro che lo ha riconosciuto. All’inizio Ciro non ricordava nulla, ma pian piano comprendeva sempre più. Nei momenti di lucidità, gli ho mostrato la foto e Ciro mi ha detto : “E’ stato chillu chiatton che mi ha sparato”. Non capisco perché c’è un alone di omertà in questa storia: chi c’era deve parlare.
La mia serenità è un atto di fede. Provo dolore, perplessità, angoscia, ma ho messo sin dall’inizio questa causa nelle mani del signore, il più potente di tutti e sono certa che farà qualcosa di buono.
Simona, la fidanzata di Ciro, sta soffrendo davvero tanto. Ciro stava conservando dei soldi per un futuro con lei e una volta aperto questo carosello, le abbiamo consegnato questi risparmi. Lei ci ha fatto commuovere, piangeva, sta soffrendo davvero tanto .
Un figlio è qualcosa di grande, di immenso ed è per sempre. Ho il desiderio di parlare con i magistrati, quasi non vedo l’ora. Dolore e delusione sono i sentimenti più forti dentro me.
Non abbiamo donato gli organi di Ciro, mi sarebbe piaciuto farlo, ma non ci abbiamo pensato e gran parte di questi erano ormai compromessi. In questo momento la speranza è più forte della paura. Spero che Ciro possa legare lo sport, i giovani le famiglie. Solo in questo modo la morte di Ciro non sarà vana.
Ringrazio De Laurentiis per tutto ciò che ha fatto per noi e per aver onorato mio figlio anche ai funerali. Quel gesto l’ho sentito molto.
A mio figlio dico che è stato un eroe e che il suo sorriso non morirà mai, vivrà sempre nei cuori di tutti”.
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