Il graffio di Corbo: “Che Ciro ci perdoni”
Ciro è tornato da pochi minuti. È finalmente nella sua Scampia. Da oggi scriverò: nella sua Napoli. Quel quartiere che conosco bene, dove ho passato un paio d’anni della mia vita di giornalista per raccontare 56 morti e l’atroce delitto di Gelsomina tra il 2004 e 2006, subisce ora più che mai quella gelida carezza di finta pietà. L’ipocrisia che disprezzo.
Scrivi Scampia, e fai notizia.
Scrivi Gomorra, e fai scena.
Anche il termine Gomorra è improprio. Associa due realtà diverse, quella casertana di una camorra imprenditrice (I Casalesi) e l’altra metropolitana. sanguinaria e disperata, che vive e uccide su una sola piattaforma. Il mercato della droga.
Purtroppo si scrive senza conoscere.
Credo che si stia perdendo anche l’ultima opportunità. Fare qualcosa davvero per combattere la violenza. Temo che non sia possibile sradicare i violenti. Ed un motivo è nelle normali dinamiche politiche. Occorrono provvedimenti impopolari. Il modello inglese: se ne parla tanto, ma chi lo applicherà? Può adottare misure impopolari un ministro dell’Interno, Alfano, che è anche leader di un partito?
I politici vivono intensamente le oscillazioni del consenso. Quelle due funzioni sono incompatibili. In un caso o nell’altro, aumentano o riducono la popolarità. Tocca al governo, ma preferisce temi diversi.
Non accade niente, e niente mi allontana dall’ultimo pezzo che ho appena scritto per Repubblica. Stadi sicuri, trasferte limitate o negate, nuova organizzazione del calcio e della giustizia sportiva. Grande ed effettivo impegno delle società. È tutto qui, per chi vuol cambiare. Ma non mi illudo.
Caro Ciro, scusaci ancora una volta. Sarai presto dimenticato e tutto tornerà come prima. In un sussulto di onestà, abbiamo almeno il coraggio di vergognarci. Per un minuto, non di più. Va di fretta anche la vergogna.
Antonio Corbo Blog