GENOVA – Rumors e smentite, voci che in un attimo volano in rete e realtà dei fatti, a quanto pare, più complessa. Il Genoa e il gruppo cinese con interessi diversificati (acciaio, finanza, distribuzione, petrolio) che ha toccato con mano Marassi e sta studiando a fondo le carte. La trattativa va avanti: Enrico Preziosi continua a tesserla da Milano, nel frattempo gioca su più tavoli: il Grifone da un lato, Giochi Preziosi dall’altro. Partita doppia con diversi interlocutori: ci sono imprenditori cinesi che potrebbero iniettare soldi freschi nelle casse del club e imprenditori cinesi, diversi dai primi, che potrebbero rinforzare l’azienda di giocattoli. In entrambi i casi, ossigeno vitale per i gioielli di famiglia. La crisi morde ovunque, adesso persino negli Stati Uniti.
Voce di ieri: Preziosi impegnato in un summit in un albergo milanese con gli emissari cinesi, sul tavolo l’ipotesi di un 30 per cento del pacchetto azionario rossoblù subito nelle mani del gruppo orientale. Primo passo per rimpolpare le casse, primo passo in una strategia di lungo periodo. Una sorta di ingresso “soft” per poi decidere il da farsi: restare soci di minoranza oppure provare “la grande scalata”. In realtà, a chi ha chiesto conferma allo stesso presidente, l’ipotesi è stata smentita. Nel senso: Preziosi si augura vivamente che il matrimonio con i cinesi si compia, che questo 30 (ma anche 25, 35, 40) per cento si materializzi nel minor tempo possibile. Vale ancora la dichiarazione presidenziale di qualche settimana fa: “Magari ci aiutassero a render più forte la società! “.
Del resto fra oggi e il 25 giugno ci sono scadenze importanti da onorare: tra stipendi e pagamenti vari dovrebbero uscire dalle casse oltre 15 milioni di euro. Al momento, però, secondo gli stessi vertici di Villa Rostan la trattativa non è così avanzata. In Oriente stanno sempre analizzando i documenti, vogliono vederci chiaro e non commettere passi falsi. A meno di accelerazioni, improvvise, dalle parti di Pegli non si aspettano risposte definitive prima di una decina di giorni. E in ogni caso, quando si andrà verso la fumata bianca Preziosi partirà immediatamente per la Cina. Ieri il presidente era, appunto, in Italia.
Certo, è anche possibile, e in fin dei conti immaginabile, che in questo momento fiocchino le smentite di facciata. Gli interessi in ballo sono troppo alti e di solito in situazioni del genere le fughe di notizie rischiano di essere devastanti. Non poche trattative sono “morte” appena essere divenute pubbliche. In questo caso invece i contatti e gli scambi di informazioni vanno avanti spediti. Non solo Genova e la Cina, in mezzo c’è una banca di Londra.
I cinesi hanno bene in mente il modello Thohir, che nell’Inter si può dire sia entrato a gamba tesa, rilevando subito il 70 per cento del club nerazzurro. Numeri a parte, è bene comunque sottolineare che il magnate indonesiano non si sta certo comportando come un emiro, uno sceicco o un oligarca. Gli investimenti ci sono stati, pure cospicui, ma niente spese folli, almeno per il momento. Nessuna pazzia come quelle compiute negli ultimi anni da Chelsea, Paris Saint Germain o Monaco. Quando le cose per mister Mazzarri si stavano mettendo
male, lo stesso Thohir aveva fatto chiaramente intendere che il tecnico livornese aveva un contratto con l’Inter, e il club non poteva permettersi di pagare un allenatore esonerato.
In più, la questione stadio. I tre cinesi che hanno assistito a Genoa-Roma vicino a Preziosi sono rimasti affascinati dall’atmosfera di Marassi e dal calore della Nord. Ma è evidente come il Ferraris, in quanto a struttura, non corrisponda proprio ai canoni di modernità e di efficienza che hanno in mente i cinesi. Anche queste sono questioni sul tavolo, allo studio insieme ai documenti inviati da Genova.
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