I familiari gioiscono, Ciro torna a respirare da solo: “Mamma, non ho fatto niente”
«Si è svegliato, mi ha guardato e si è messo a piangere. Poi mi ha detto: «Mamma non ho fatto niente, non ho fatto niente…». Sul volto di Antonella Leardi si fa largo, finalmente, un sorriso: la gioia per una volta ha la prevalenza sull’angoscia e sulla sofferenza. Dieci giorni dopo il ricovero le condizioni di suo figlio, Ciro Esposito, sono in miglioramento. Lo conferma anche il professor Massimo Antonelli, direttore della Rianimazione al Gemelli”, dove il giovane è ricoverato: «Ora respira spontaneamente, senza nessuna assistenza ventilatoria meccanica. Nonostante un certo miglioramento la prognosi resta riservata». Notizia positiva per i genitori di Ciro e per tutti i parenti presenti a Roma, dal fratello Michele allo zio Pino sino alla fidanzata Simona.
Lunedì sera Ciro è stato “stubato”, poi ieri ha iniziato a respirare da solo con l’ausilio di una mascherina. «Ha iniziato a farmi dei segni – ha raccontato mamma Antonella – ci ha riconosciuti. Attendiamo ora una buona notizia come questa ogni giorno, anche molto gradualmente, posso aspettare mio figlio tutta la vita». Accanto alla signora c’è, sempre, suo marito Giovanni: «Ci ha guardati, si è messo a piangere, è stato un momento molto intenso. Ci ha ribadito che lui non ha fatto nulla. Di sicuro è sotto choc per quello che è accaduto, mi sembra sconvolto. Ringrazio il Signore che sinora ci ha benedetto e ci sta aiutando, a me interessa solo che lui stia sempre meglio, non vedo l’ora di tornare a Napoli con lui». Tra i familiari vicini a Ciro c’è anche lo zio Eduardo che è poliziotto. A lui il ragazzo ha raccontato della terribile sera della Coppa Italia: «Non ho fatto niente, ricordo di essere scappato. Zio, aiutami, mi vogliono portare via. Perché mi vogliono arrestare».
Tra i ricordi uno in particolare potrebbe essere preso in esame agli inquirenti. A raccontarlo è un altro zio, Vincenzo Esposito: «Mio nipote sostiene di essersi allontanato di corsa – spiega – è stata una delle prime cose che ha detto: “Zio sono scappato. Poi non ricordo più niente”. Sono parole confuse, è ancora frastornato dai medicinali. Però inizia a ricordare quei frangenti». La condizione di Ciro è ancora critica: il giovane alterna momenti di lucidità ad altri in cui appare disorientato,«come se non riuscisse a decifrare quello che gli accade» dice il papà. Che poi aggiunge: «Si è guardato attorno, ha visto i tubi, la dialisi e si è chiesto il motivo di tutti quei macchinari». Ieri sera è stato di nuovo sedato perché, pare, era un po’agitato. Anche papà Giovanni, come mamma Antonella, non ha fretta. «Ho tutto il tempo che voglio per mio figlio, mi interessa solo che lui si riprenda al meglio». Con loro, idealmente, anche Maurizio Ercolano, il papà di Sergio, deceduto il 20 settembre del 2003 al Partenio prima del derby tra Avellino e Napoli: «Sono felice che Ciro stia meglio, spero che possa guarire presto. Mia moglie ed io abbiamo rivissuto i momenti in cui Sergio perse la vita. Abbraccio i genitori di Ciro. Ho una grande ammirazione per la signora Antonella, ha dimostrato una forza d’animo eccezionale. Ma sono triste perché la tragica scomparsa di mio figlio non è servita a nulla, lo Stato non ha cambiato il modo distorto di qualcuno di vivere il calcio».
Anche Giovanni Esposito non dimentica tutto il resto: «Vorrei che quello che è successo a Ciro non accadesse mai più – dice- non è possibile rischiare la vita per una partita di calcio. Quelli che hanno assaltato il bus con donne e bambini non sono semplici ultras, sono terroristi. Lo Stato deve fare luce sull’accaduto. Non sono in cerca di vendette e posso perdonare chi ha sparato. La giustizia però non può farlo, deve avere il pugno fermo per garantire la sicurezza di tutti i cittadini, se non lo facesse autorizzerebbe altri criminali a sparare, a uccidere». Giovanni è molto fermo ma non appare arrabbiato. È più che altro disgustato anche per le ultime vicende. «Sono indignato per gli striscioni dell’Olimpico. E lo sono anche perché né il sindaco di Roma e né le Istituzioni hanno preso le distanze da quei messaggi. Li sto ancora aspettando, non ci hanno mai chiamati per informarsi delle condizioni di Ciro. Alcuni tifosi del Napoli mi hanno detto che a Genova è stato loro vietato uno striscione inneggiante a mio figlio, come è possibile che all’Olimpico invece sono stati esposti quegli striscioni? Sono intoccabili forse gli ultrà romani? Non riesco a capire, non ho parole, aspetto spiegazioni dal sindaco di Roma: quando ha letto “Ciro boom boom” non si è indignato? E perché non è intervenuto?». Meglio pensare a Ciro, la luce in fondo al tunnel inizia, finalmente, a vedersi.
Il Mattino