Senza Cavani, 99 gol finora. Senza Higuain, 5 alla Sampdoria. Più che il terzo posto e la Coppa Italia nella sozza serata di Roma, penosamente vissuta tra crudeltà e ipocrisia, sono un valore le cifre. Il futuro è cominciato ieri. Oltre le cifre, c’è il gioco. Moderno nel modulo, ampio sugli esterni, europeo. Senza dimenticare il record delle dieci vittorie esterne. Tutto questo chiude i conti con un passato ingombrante e apre la fase 2 di Benitez: avanti, continui lui a costruire, come sa. Se il Napoli guarda dietro, può capire i tranelli superati. Non era facile uscire dalle suggestioni di una squadra che nel secondo posto trovò il suo capolinea: fine della corsa per molti, ma chi l’aveva capito? Solo Mazzarri, e la sua precipitosa fuga, tra misteri e farsa, fu lo strappo tempestivo per chiudere un ciclo ed elevare la quota di volo. Se fosse rimasto, De Laurentiis avrebbe ascoltato i suoi consigli non senza pregiudizi e malumori, pescato nel solito laghetto, subìto la stanca routine di una coppia impossibile. Quanti soci litigano e finiscono nel compromesso e nell’odio? Il lucido calcolo di Mazzarri ha spinto De Laurentiis alle scelte più delicate: coraggio e orgoglio lo hanno convinto a reagire. È arrivato Benitez, che ha portato Higuain, Callejon, Albiol, Reina. Ha valorizzato finalmente Insigne e Fernandez, non solo Mertens, i tre giocatori cari al presidente. Ha infine sostituito in corsa uomini logori, arrugginiti o infortunati. Senza mai drammatizzare. La magistrale gestione del turnover ha consentito una decorosa presenza in Europa. Superato lo stress della Coppa Italia, facile da vincere ma difficile da festeggiare, il Napoli ha aperto ieri la prossima stagione. È stato favorito da Mihajlovic: più che la squadra ormai salva, cura la sua immagine di allenatore moderno. Lo è davvero? Ieri la dissennata allegria della Samp ha trascurato il controllo delle corsie: Insigne che Prandelli sta per rimettere nella lista d’imbarco per il Brasile si è fatto gioco di De Silvestri, sul versante opposto Regini ammirava Callejon, al centro Palombo e Kristic hanno delegato Soriano a far gioco, subendo Hamsik, Jorginho e Inler a loro volta. Ma Genova sarà ricordata per la partita di Zapata: ha reso concreti i pochi segnali positivi dell’inizio. Giocando un’intera partita, di lui si sa molto di più. Ha fisicità, quindi resistenza e una sorprendente progressione. Dalla panchina avrà studiato Higuain: prima sbagliava i movimenti, ora li indovina. Deve migliorare in agilità, può essere utile per aprire varchi a Higuain in partite da schiodare nella ripresa, magari in un forcing con il 4-3-1-2. Il suo gioco d’urto ha creato spazio ad Hamsik. Attaccante quindi da far maturare, lode a Benitez che non l’ha mai emarginato, come accadde nel Napoli con Vargas e Sosa, protagonisti ora in Spagna. Va condiviso il progetto di almeno 4-5 acquisti importanti: un’altra punta, due mediani, un marcatore rapido in difesa. Per il portiere è opportuno bloccare Reina, credibile però la voce su Pablo Diaz, 33enne vice di Casillas, amministrato da Quillon, l’amico di Benitez. Ma Benitez invoca anche strutture. È questa l’ora, perché passa per Napoli un tecnico che sa costruire, ancora meglio che motivare, come invece deve fare. I cali di tensione rimangono una costante negativa del suo buon lavoro. Tocca a De Laurentiis: indugia, magari intimorito in una città che affonda tra retorica degli annunci e fatuità dei risultati. Uno stadio più sicuro e moderno, un vivaio bene attrezzato in una periferia da riqualificare, una rivoluzione culturale per sottrarre i ragazzi all’egemonia dei violenti. Il grande Napoli è un sogno possibile. Ma quanta fatica e coraggio richiede. Sono pronti De Laurentiis e Benitez?
La Repubblica