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Corriere della Sera: “La Questura ha dato ordine di minimizzare: bisognava giocare in ogni caso”

L’immagine che segna la giornata è quella dei poliziotti che vanno sotto la curva del Napoli e ottengono il via libera al fischio di inizio della partita. Perché questo è stato in realtà il prima e il dopo della finale di Coppa Italia allo stadio Olimpico: una disputa tra ultrà e forze dell’ordine. Uno scontro cominciato nel pomeriggio addirittura prima della sparatoria diventata poi il pretesto per i supporter napoletani per chiedere la sospensione dell’incontro. E terminato con un ordine perentorio arrivato dai responsabili della sicurezza: si deve giocare, un rinvio rischia di trasformare il deflusso dagli spalti in guerriglia.
Il tifoso che fa «sì» con la testa, uno dei «capi» ultrà napoletani, concede l’assenso e così fa tirare un sospiro di sollievo a chi deve garantire che tutto proceda. L’autorizzazione all’avvio della partita concede due ore per riorganizzare il dispositivo in vista dell’uscita, ma non c’è alcuna certezza di quel che accadrà dopo, di che cosa succederà durante la notte con la città gremita di tifosi del Napoli e della Fiorentina, ma soprattutto con gli ultrà di Roma e Lazio pronti a entrare in azione. Esattamente come era accaduto nel pomeriggio.

Quale sia il clima appare chiaro verso le 17 quando gruppi di tifosi azzurri arrivano nella zona dello stadio e minacciosi si avvicinano ai poliziotti. Quando i supporter di Fiorentina e Napoli si incontrano mentre vanno verso l’Olimpico e arrivano allo scontro. Ma soprattutto quando si scopre che in zona ci sono anche i romanisti in un miscuglio che nulla ha a che vedere con l’incontro previsto per le 21.
I timori dei responsabili della sicurezza diventano realtà quando nella zona di Ponte Milvio arrivano un centinaio di ragazzi vestiti di nero. Alcuni si coprono il volto, altri nascondono bastoni sotto i giubbotti. Vanno verso i poliziotti che presidiano l’area intorno all’Olimpico, appare evidente la volontà di arrivare allo scontro. E ci riescono, anche se si tratta di tafferugli sedati in fretta. Poco o nulla rispetto a quello che rischia di accadere neanche un’ora dopo, quando circola la notizia di una sparatoria avvenuta a cento metri di distanza. Un regolamento di conti che forse ha radici antiche e comunque si conclude in maniera drammatica con i tifosi gravi trasportati in ospedale e l’Olimpico trasformato in un’arena.
Le indiscrezioni parlano immediatamente di una rissa tra tifosi, ma l’ordine che arriva dalla Questura è perentorio: si deve minimizzare, negare che i feriti gravi trasportati in ospedale siano tifosi. Il motivo è fin troppo evidente visto che una notizia del genere veicolata all’interno dello stadio già gremito può fare da detonatore per incidenti tra tifoserie impossibili da tenere sotto controllo. E invece le informazioni circolano in fretta, troppo velocemente. Mentre comincia il lancio di bombe carta dentro l’Olimpico, la Questura dirama una nota ufficiale per smentire che la sparatoria sia legata a motivi calcistici. Le consultazioni del questore Massimo Mazza con il prefetto Giuseppe Pecoraro sono continue e la linea è univoca: bisogna far giocare la finale. «La sparatoria ha motivi occasionali che nulla hanno a che fare con la partita di Coppa Italia», si legge nel comunicato che smentisce le notizie già trasmesse in televisioni e finite nei titoli di apertura di tutti i siti Internet. Ci sarà tempo per ricostruire la verità, intanto si deve affrontare una notte che si preannuncia difficile per chi deve garantire che la città si svuoti senza altri incidenti

Fonte: Corriere della Sera

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