Ed allora, la parola al cuscino (si fa per dire), in realtà (in teoria, ovviamente) l’interlocutore preferito da Rafael Benitez, che sa amabilmente depistare i cronisti e pure i protagonisti d’un braccio di ferro ad oltranza, che va avanti da sempre, da quando è (ri)nato il suo Napoli e che pure allo stadio Olimpico prevederà suspance.
Attenti a quei due… Pure questi hanno un’anima ed aiutano a raccontare un anno intero: è una retrospettiva su quello che è accaduto ma è anche la chiave di lettura per provare ad intrufolarsi nella vigilia d’una sfida che non consente di sbagliare e che s’annuncia (maniacalmente) preparata nei dettagli. Lo spagnolo Callejon è una sorta di totem: la fascia destra è la sua, il titolo di vicecapocannoniere azzurro pure: in campionato ha messo assieme trentaquattro presenze, sviluppate con 2642 minuti, e questo basta per assegnarli (praticamente) di diritto, la maglia. Ma Insigne non gli è da meno, ha lo stesso numero di partite, ha qualche secondo in meno – perché siamo a 2212 minuti – certo gli mancano i gol ma non i chilometri percorsi, per difendere e per attaccare.
E a quegli altri due. Poi c’è Mertens, che ha gamba, esplosività, un senso della professionalità che ha colpito Benitez e quelle trenta gare che pesano: precario per modo di dire, onestamente. Marek Hamsik è scivolato – statisticamente – un filino alle spalle della compagnia, ma nel suo curriculum stagionale ci sono i due mesi di inattività che gli hanno tolto non solo le opportunità ma anche la brillantezza del recentissimo passato: però è comunque approdato a ventisei partite di campionato (e a 1706 minuti) e poi concede equilibrio, ha la possibilità di divagare: «Lui è intelligente ed in campo può fare ciò che vuole» .
E però (pure) adesso bisogna starsene a meditare, perché il modulo non cambia (né può cambiare) e perché alle spalle del Pipita c’è una dolce, feroce, terribile abbondanza da governare e un uomo da sacrificare: un cuscino per Rafa, serve per lasciarsi andare….