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AMARCORD – Finale coppa Italia, croce e delizia

Sabato 3 maggio Napoli e Fiorentina, rispettivamente terza e quarta forza del campionato, si contenderanno la 67a edizione della Coppa Italia (Tim Cup).

Per il Napoli la conquista della Coppa darebbe lustro ad una stagione di alti e bassi dato che il raggiungimento della Champion’s League tramite preliminari non è che il minimo sindacale.

Per la Fiorentina, comunque vada, sarà una stagione positiva: posto in Europa assicurato e record di vittorie in trasferta per un club in chiara ascesa.

La coppa Italia non è stimata al pari della Coppa del Re spagnola o della Coppa d’Inghilterra. Tradizionalmente snobbata dai club italiani, nel bel mezzo del campionato è  un fastidioso intralcio, diviene ambita se la sua conquista può rendere vincente una stagione altrimenti anonima.

Fino al 1999 la coppa Italia apriva le porte alla Coppa delle Coppe, eliminata questa manifestazione la vittoria finale ha dato accesso alla Coppa UEFA, oggi ribattezzata Europa League. Inoltre, dal 1988, c’è la possibilità per la squadra vincitrice di contendere al club campione d’Italia la conquista della Supercoppa italiana.

Altra novità, dal 2007 la finale non è più andata e ritorno ma gara secca da disputare allo stadio Olimpico di Roma.     

Sul più alto gradino del podio troviamo a pari merito Roma e Juventus ciascuna con nove trofei in bacheca, seguite dall’Inter con sette, Fiorentina e Lazio sei, Milan e Torino cinque, Napoli e Sampdoria quattro. Da sottolineare la presenza di club provinciali come Parma, tre affermazioni, Atalanta, Venezia e Vicenza una come il Vado F.C., club di Vado Ligure, vincitore della prima edizione nel 1922.

Il Napoli, come detto, conta quattro vittorie che potevano essere otto se avesse vinto tutte le finali disputate: vittoria nel 1961-62, 1975-76, 1986-87 e 2011-12, sconfitta nel 1971-72, 1977-78, 1988-89 e 1996-97.

La prima vittoria nel 1962 fu nella finale contro la SPAL vinta 2-1, reti di Corelli e Ronzon, l’ultima nel 2012 contro la Juventus, 2-0 siglato da Cavani su rigore e Hamsik.

Nel 1978 4-0 contro il Verona: un’autorete del portiere scaligero Ginulfi aprì la strada al successo arrotondato da Braglia e da una doppietta di Savoldi. Nel 1987 doppia affermazione, andata e ritorno, contro l’Atalanta: 3-0 al San Paolo, Renica, Muro e Bagni, 0-1 a Bergamo, gol di Giordano. Coppa resa ancora più scintillante dal double ossia l’accoppiata con lo scudetto e dal fatto che quel Napoli vinse tutte le partite.

Nel 1962 un altro double con Coppa Italia e salita in Serie A e sarebbe potuto esserci anche nel 1989 (Coppa UEFA) se nella doppia finale con la Sampdoria, forti dell’1-0 di Renica al San Paolo, gli azzurri non avessero subìto il 4-0 firmato da Vialli, Cerezo, Vierchowod e Mancini.

Ben più traumatica la sconfitta subita nel 1997 contro il sorprendente Vicenza di Guidolin. Da premettere che il Napoli, secondo in classifica prima della sosta natalizia, era guidato da Gigi Simoni che, come tutti sapevano, a fine stagione sarebbe andato all’Inter. Nonostante quel Napoli avesse eliminato in semifinale di C.I. proprio l’Inter, il giocattolo si ruppe. La squadra perse posizioni ed il 20 aprile dopo lo 0-1 con l’Atalanta buona parte del San Paolo invitò Simoni a fare le valigie. Il club forse per ripicca lo esonerò pochi gironi prima della doppia finale.

Doppia finale con squadra affidata ad Enzo Montefusco e la sconfitta aprì un baratro perché negò il premio UEFA ad una società in condizioni non propriamente floride.

I gol di Pecchia al San Paolo e quello di Jimmy Maini (noto più per il fidanzamento con Alessia Merz) al Menti condussero le squadre ai supplementari. Al 118° il terribile uno/due con il tap in di Maurizio Rossi e poco dopo, sulle ali dell’entusiasmo, il 3-0 di Iannuzzi.

Emblematici furono il brasiliano Beto, promessa mancata, seduto sconsolato a bordocampo e Nicola Caccia che, espulso, fu portato fuoricampo di peso vittima di una crisi isterica.

Sinistri presagi per la stagione successiva: il Napoli retrocesse staccatissimo, soli 14 punti in classifica, con Montefusco di nuovo in panchina dopo gli esoneri di Mutti, Galeone e le dimissioni di Mazzone.

Nell’89 alla guida della Sampdoria vincitrice della C.I. c’era Vujadin Boskov, scomparso pochi giorni orsono. Nel 1994 sbarcò a Napoli al posto dell’esonerato Guerini: passò per pazzo quando promise l’Europa poi mancata di un solo punto. Poco, ma abbastanza per essere rimpianto anche qui.

Antonio Gagliardi

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